Parlando della religione - II

... inizia la parte seconda. Non so se sarà la vendetta di qualcosa, di certo sarà confusa. Sono le quattro di notte e sono molto, molto stanco. Ma sono al lavoro, quindi resisto.

Allora. Dimostrata la non esistenza di Dio... ehehehe... no, scherzo!
Non ne ho assolutamente l'intenzione o l'arroganza. E poi mica sono certo che una qualsiasi divinità non esista, quindi non ho la tentazione di dimostrarne o meno l'esistenza. Io stavo parlando del dubbio. Col discorso precedente tendevo solo a dimostrare, con la mia poca conoscenza in qualsiasi materia, come la religione, intesa come credenza al sovrannaturale, al divino, sia un percorso, non una rivelazione. O, meglio, possa essere un percorso e non una Rivelazione. Chi ci dice che Dio esista? Nessuno, signori miei, nessuno. Soprattutto se consideriamo che quello che noi chiamiamo Dio altri dicono che non esiste. E non sono mica uno o due... tanti!
Il che non vuol dire niente, visto che una qualsiasi dichiarazione, fatto, cosa, è vera per motivi differenti dal numero di sostenitori della stessa. Non è che poiché in alcuni stati degli USA sia predominante il creazionismo, allora in quegli stati gli uomini non discendano dalle scimmie (tra parentesi, il darwinismo stesso è solo una teoria, però è molto, molto, molto, molto, molto, molto, ... ... molto più probabile di una qualsiasi altra lettura dell'evoluzione, o storia del mondo).
Quindi non sto prendendo il fatto che altri popoli/nazioni/culture credano in altri dei per dire che allora il nostro non esiste, oppure che non esista nessuno di essi. No.
Io sto incominciando a credere che la religione, nella storia umana, sia una fase culturale, come lo sono state la fase cacciatore/raccoglitore, la famiglia matriarcale, le città stato. Certo una fase culturale differente e molto più importante, visto che sono circa 20,000 anni che l'uomo vi è dentro, però fase rimane.
Badar bene che, nella mia malattia mentale, tendo a condurre tutto a teorie. E le teorie, in scienza, non sono certezza. Devono essere dimostrate. E visto che la vita è ben differente dalla matematica o dalla geometria, dove le dimostrazioni sono esatte e conducono a certezze, le teorie sulla vita possono solo essere più o meno probabili di altre. Nessuna certezza.

Quindi, dicevamo:
- religione / laicità;
- laicità / religione.

Bah... a me non importa se... oddio... ho perso il senso di tutto questo... perché sto disquisendo di filosofia nel pieno della notte? Da dove eravamo partiti? Non so più. Vedrò dove posso arrivare.

Dicevo che non importa da dove derivi la morale, importante è che ci sia. Che ci siano dei punti fissi così che l'uomo possa vivere con l'uomo. Che la morale occidentale ci derivi principalmente dalla dottrina cristiana non ho dubbi, come non ho dubbi che la dottrina cristiana abbia basi più antiche dovute a religioni che esistevano da molto tempo quando la nostra si affacciò alla ribalta della Storia. Perché, non dimentichiamocene, la vita su questa teRa è una storia, un susseguirsi di avvenimenti, dovuti a avvenimenti precedenti, che danno origine a nuovi avvenimenti.
Dimenticarsi di questo è presunzione. E presuntuoso è chi mi dice che qualcosa è verità rivelata. Presuntuoso o religioso. E non metto sullo stesso piano queste due personalità, assolutamente. Però sono (quasi, ovvio) convinto che sbaglino, in maniera diversa, ma sbaglino.
Ovviamente la morale dell'estremo oriente è dovuta a pensamenti diversi. Quella africana pure.
Qual è quella corretta?
Non si sa. O meglio, non esiste una morale corretta in assoluto. Certo è che a me piace di più la nostra. La conosco meglio, ha fondamentale il rispetto della persona e della vita umana come identità singola e irripetibile che mi piace molto. Pensiamo alla carta dei diritti fondamentali dell'uomo, se vogliamo: mi piace.
Però ha anche bei problemi. Perché a noi occidentali ci piacciono i problemi. E se non li abbiamo li creiamo.
Il Cristo ci dice che dobbiamo amarci e rispettarci gli uni e gli altri. Tutti. A discapito delle azioni che vengono fatte a nostro danno. E noi guerreggiamo. Ci piace. Ci piace da millenni. Guerreggiamo per difesa preventiva. Grandi! Riusciamo a girare la torta e tenerci la fetta buona, nonostante sia rotonda e uguale in ogni lato la nostra è in ogni caso la migliore.
Cristo (continuo con lui perché è un personaggio che, esistito o non esistito, ha lasciato un lascito incredibile in noi e ha detto una montagna di cose che ritengo giustissime nonostante l'ingiustizia di Chiese che dovrebbero rappresentarlo) ci ha insegnato a accogliere tutti, e a accogliere tutto. Tutti, sebbene fastidiosi e antipatici; tutto, fosse anche la minaccia di dolore e morte.
Mi va bene che, noi che siamo più deboli di carattere, non riusciamo a fare proprio tutto quello che lui ci dice. Però, cazzo, dire pure che seguiamo fedelmente i suoi precetti mi fa rigogliosamente incazzare.

Ma, vi chiederete, come faccio a parlare così tanto e a apprezzare in maniera così smaccata un personaggio tanto, ma tanto religioso come Gesù Cristo?
Beh, non devo essere induista per dirvi che stimo in maniera infinita Gandhi (che tra l'altro disse qualcosa come: "Che penso della civiltà occidentale? Penso che sarebbe una bella cosa!" giusto per capire che dobbiamo cercare di fare un po' di sano relativismo nella nostra vita: magari non siamo nel giusto!).
La Verità, se esiste, è sparsa un po' di qua e di là. Saremmo veramente presuntuosi (ancora) e coglioni a credere di avercela solo noi. E non ditemi: "Ma è ovvio che è ovunque!" perché ogni giorno ci comportiamo come se non lo fosse.

Ma dove stiamo andando? Non lo so. Mi sono perso molto tempo fa. Oggi sono qua, domani sarò in un altro posto e, molto probabilmente, un giorno morirò. Se qualcuna di queste religioni che dominano il mondo oggidì è quella giusta il giorno che morirò ne comincerò a passare delle belle, altrimenti, molto più semplicemente, la mia esistenza finirà e sarà il nulla. Conoscenze, ricordi, amori e inimicizie svaniranno, per me (non nel senso di "a mio parere", proprio fisicamente).
Questo toglie valore a ciò che avrò fatto? Toglie dignità e senso alla mia vita? Ma non fatemi ridere! Assolutamente NO!
Saremmo ridicoli se pensassimo che la nostra vita trova ragione solo grazie a un qualsiasi "aldilà". È l'aldiqua che ci deve interessare. Viviamo al meglio, e stop.

Ok, abbiamo finito. Sono le 5:30 del mattino. Questa è parte della mia filosofia attuale. Un po' pesante, ma sono pronto a ripartire nella discussione, se volete. Avete paura, eh?
Suerte a tutti!

Comments

Anonymous said…
Accidenti, ma così hai alzato la posta in gioco.

Rispondo per ora al POST precedente, in quanto non ho ancora avuto tempo di leggere questo.

Siamo partiti dalla definizione stessa di “essere”, passando dalla definizione di una terza via di “morale”, e quindi concludendo abbiamo toccato il concetto di antropologia della religione.

Il mio tempo non è molto, dovremmo decidere di affrontare un argomento per volta!

1) riguardo la definizione di “essere”:
Non voglio cadere nella tua provocazione, e confondere la percezione del proprio “essere” con la percezione dell’“altro di sé”.
Che la mia percezione dell’”altro da me” possa essere confusa o sbagliata o illusoria nulla toglie al fatto che comunque percepisco, e se percepisco è perché esiste qualcosa che è “altro da me”, e quindi posso ragionevolmente sospettare di esistere.
Ricordi? L’essere è ciò che è e che non è possibile che non sia, e il non essere è ciò che non è, e che non è possibile che non sia: Parmenide ci impone di giudicare secondo ragione: la ragione, e non l'occhio (i sensi) vedono il vero; l'esistenza dell'essere è l’unica possibilità praticabile secondo logica.

Esodo, capitolo 3, Mosè è di fronte al roveto ardente: “Mosè disse a Dio: “Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono! JAHVE”

Cosa mi suggerisce questo passo della Bibbia? forse che il nome di una realtà è testimonianza dell’esistente della realtà stessa, indipendentemente da quale ne sia la mia percezione.

2) la terza via:
Non ti capisco. Come puoi affermare “Né religione, né laicità”. O uno o l’altro. Aut Aut.
Quello che non può esistere è sia religione che laicità. Et Et.

O religione o assenza di essa.

La morale comunque esiste, perché tu delle scelte le fai. Quindi si tratta solo di capire come mai fai delle scelte e chi te le ha condizionate (religione o laicità).

Lo scrivi anche tu, che comunque sia andata….”dopo secoli, abbiamo una nostra morale”.

Quindi riformulando quanto già chiesto:
- morale laica?
- morale religiosa?

La logica (e l’esperienza) ti mostra in modo inoppugnabile che le due sfere non sono compenetrabili.

3) antropologia della religione
Troppo lungo per ora risponderti, ma soprattutto troppo impreparat io per pensare di rispondere.
Di sicuro quando penso alla nascita di una divinità (dato che io per fede affermo che il vero Dio si è rivelato per mezzo dello Spirito Santo prima, e per mezzo del proprio figlio unigenito poi) non penso tanto alla Morale (con la M maiuscola), ma alla Ragione (con la R maiuscola), che nata nell’epoca illuminata (infatti della “Dei Lumi”) ha trasformato la ragione da dono del Creatore per conoscere il Creatore a nuova divinità che ha preteso di prendere il posto stesso di Dio, gettandone tra le "superstizioni" la Rivelazione.
Con quei risultati sui quali ci ammonisce, implacabile, la storia degli ultimi due secoli; ma anche, purtroppo, la cronaca dei nostri giorni.



Una domanda: le mie risposte ai tuoi post preferisci che le scriva sotto il post originario (anche se questo non è il tuo ultimo post) o sotto l’ultimo post (come ho fatto in questo caso)?

E infine: ma con chi condividi la nuova casa, oltre che con O’rey? Chi sono Marina e Michela?

Grazie, Kalemegdan
- - - - - - - - - - - - -
"....un non senso di un ridicolo irriverente."
Boninba said…
ecco qua intervengo io che non c'entro una banana...michè sul blog è di nuovo quiz time...dai che sei in buona posizione!
Nittalope said…
Puoi rispondere dove vuoi, car kalemegdan! :D Chi è interessato si sbatterà a cercare le varie parti di questo puzzle!

Uau... che risposta pregna di significati e conoscenza. Io non sono così "fondato" in conoscenze filosofiche, sia, ho terminato a stento il mio liceo scientifico. Però... però Parmenide non ci impone niente (lo so che non intendevi questo, però...). Quello che i filosofi del passato (e i contemporanei, spero) ci insegnano, per me, è pensare. Niente altro. Poi che loro abbiano pensato molto e con capacità superiori alle nostre e quindi con risultati migliori... può essere.. Però non mi importa. Io penso con la mia testa e quindi sono. No. Mi spiace, ma no. La mia testa ha questa capacità, di ragionare, e quindi sono. Nemmeno, o, meglio, non è detto. Quando sogni, a volte, crei una realtà che è perfettamente "reale", ci credi, a volte perdi la conoscenza di essere all'interno di un sogno e quella è la tua vita. Poi ti svegli e la realtà è un'altra.
Questo cercavo di spiegare con i fiumi di parole che ho scritto.
Che non possiamo essere sicuri di niente, perché nella vita non ci sono assiomi e definizioni, ci sono supposizioni.
Noi le prendiamo per vere e viviamo. O, meglio, io credo che possa essere così. E quindi parto già col dubbio.
Questo dubbio, che porto in ogni luogo in cui risiedo, mi aiuta a cercare di astrarmi dal contesto di una qualsiasi situazione e così (okkio che questo vale per me, non dico che debba valere per tutti) raggiungo una certa neutralità che utilizzo per decidere della mia vita.

1) nominare una realtà significa solamente identificarla in modo univoco, questo è molto utile per la discussione. Ma non crea una realtà. La realtà rimane immutata. La realtà, per me, è percezione.
Hai letto "Esodo/Nomi" di Erri de Luca? Traduzione dall'aramaico all'italiano del rispettivo libro della Bibbia. Molto significativo. Soprattutto il passo della presentazione ufficiale di Dio al suo popolo eletto.

2) è che non mi piace etichettare le cose, visto che laicità si contrappone a religione. Come scrivo nel post che commenti non è importante da dove derivi. Ma che ci sia, questa morale.

3) leggi il post. ;)

Poi cercherò di scriverne uno riassumendo il mio pensiero, che non importa a nessuno, però a me sì, e sarà una maniera per porre un punto fermo. Che non è fermo perché tutto scorre... eheheh

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